[Scrivo un po’ tra il disordine che c’è nelle mie cose sparse ovunque. La mia casa in campagna è accogliente,come una madre tenera e affettuosa. La mia mentalità mi tiene inchiodata alle mie radici e mi spinge allo stesso tempo oltre. Proverò a fare un esperimento,stasera.]
Pesava ogni singolo passo su quella terra instabile.Il campanile scandiva le ore e sembrava tutto fermo. Sul ponte non c’era nessuno, il fiume era lento.Acqua dolce resa ancora più dolce dalla tranquillità di una notte come quella,dove tutto era concesso. La giornata era stata pesante, le lunghe ore di lavoro tutte uguali e monotone le avevano messo addosso una strana sensazione di impotenza,come se la vita fosse tutto lì. «E se fosse tutto qui? E se il nostro scopo è vivere così?» Allontanava ognuno di questi macabri presentimenti con maestrìa,distraendosi di tanto in tanto fissando pile di fogli sulla scrivania. Dovevano essere scritti e compilati in ogni parte, veloce,veloce,scrivi,consegna. Abitudine pura e nessuna originalità. Solo giorni copia-incolla. I colleghi di lavoro erano anche un po’ stronzi,di quelli che sai,ti squadrano per bene,cercando di appigliarsi ad ogni tuo difetto per colmare il loro senso di nullità. E non sanno neanche pensare a sè. Nella pausa se ne stava seduta su una poltrona, con un libro di narrativa in mano, qualcosa di un autore poco conosciuto ma che a lei piaceva molto. Era l’unico momento di verità in tutto quel trambusto. Poi nell’ora di punta,riprendeva la sua auto e se ne andava verso casa. «Cosa mangio per cena,cosa guardo in tv? Forse devo stirare. Sì. Abitudine odiosa» Accendeva la radio e inseriva un cd. Riflessione.
Ludovico Einaudi – In un\’altra vita
Ma quella sera voleva uscire e senza neanche toccare cibo,scese in strada. Si avviò sul viale principale,uno di quelli belli che di giorno sono pieni di negozi trafficati. Di notte sono spettrali, i manichini sembrano veri ( o è chi ci circonda a sembrare finto?) . «Tutti uguali, tutti in serie.Tutti in fila.Tutti strani. Tutti automi». Intanto tra quei visi sconosciuti, belli ma appassiti,ogni immagine lussuriosa prendeva vita. Tra il lampione e il marciapiede, giovani coperti da pelli variopinte roteavano senza sosta. Lei tentava invano di catturarli,allungando le sue esili braccia come a volersi inserire nella folle danza. Loro la respingevano e sghignazzavano «Non puoi.». Allora andate e non tormentatela. Ma lei danzava lo stesso e girava,girava su se stessa, la testa le girava ma non importava. Poi si ritrovava seduta, sul ciglio della strada, da sola. Sveglia. Audace. «Andate via».