Intervista a Francesco Strino de “I dischi del Minollo”

mercoledì, 3 Marzo 2010 by

I Dischi del Minollo

Legenda domande: Blu 66034 / Verde Francesco Strino / Arancio Daniela Nativio

Intervista a Francesco Strino

de “I dischi del Minollo”.

Identikit:

Nome Francesco Strino

Anno di nascita: 1969

Attività: titolare della etichetta discografica indipendente “I dischi del Minollo”.

Strumento preferito: tromba.

Artista preferito: Ian Curtis.

In un caffè di Lanciano, di fronte ad un cioccolato caldo al rum, incontro Francesco Strino titolare della etichetta discografica indipendente “I dischi del Minollo” di Lanciano e Daniela Nativio, responsabile dei rapporti con i media e della promozione.

L’accento tradisce origini partenopee infatti Francesco viene da Napoli anche se per lavoro se ne è allontanato da molti anni ormai.

Ciao Francesco e benvenuto su www.66034.it. Per cominciare l’intervista vuoi parlarci del tuo background musicale?

Musicalmente nasco negli anni 80 con la New Wave.

Ian Curtis?

In effetti, se mi avessi chiesto un nome ti avrei fatto proprio quello di Ian Curtis. Preferisco parlare di NW più che di Dark perché ci si riferisce ad un panorama musicale più ampio

Proprio per i Joy Division spesso si fa l’errore di parlare di musica dark che invece per certi aspetti è più appropriata parlando dei Cure e di gruppi che facevano anche dell’immagine una componente importante, invece i JD si vestivano come il classico vicino di casa in maniera assolutamente normale, però vivevano un profondo disagio interiore che purtroppo ha portato il loro leader a fare quella scelta estrema che tutti conosciamo.

Sicuramente le loro sonorità “intimiste” sono stati un ascolto fondamentale nella mia formazione musicale

Mi viene subito da pensare a “The Marigold” (una delle produzioni più importanti de “I dischi del minollo”) che in qualche modo hanno oggi qualcosa di quel modo di fare musica rispetto al primo lavoro “Divisional” o ad “Erotomania”.

Si in effetti c’è qualcosa .. guarda caso.

Mentre in Italia in quel periodo ?

Dei gruppi italiani ascoltavo i primi Litfiba.

Dietro al produttore si cela anche un musicista come spesso avviene?

No, purtroppo il mio approccio allo studio della musica da ragazzo è stato impostato in modo troppo accademico e questo, come spesso accade, non ha fatto altro che allontanarmi dallo strumento.

In effetti questo è sempre stato un problema diffuso in Italia anche se negli ultimi anni gli insegnanti sembrano, in genere, aver capito che all’inizio è meglio impostare il discorso con l’allievo in modo diverso e “meno serio”.

Si comunque sono sempre stato in qualche modo impegnato nel mondo della musica, in radio, nell’organizzazione di concerti ecc. fino all’idea dell’etichetta discografica che ho tenuto per anni nascosta dentro di me e che, anche grazie all’incontro di Marco dei Marigold, sono riuscito a realizzare.

Come mai il il nome “I Dischi del Minollo” ?

Il Minollo è quell’animale immaginario inventato da Massimo Troisi nel famoso sketch con Lello Arena, dal titolo “La fine del mondo”. Massimo cercava di ingannare Noè (Lello Arena) fingendo di essere un animale dal nome Minollo per farsi salvare dal diluvio universale visto che tutti gli animali erano già stati messi in salvo.

Fantastico.. ricordo che fra l’altro Troisi lo chiamava Mosè facendolo incazzare da morire (ridiamo).

Quindi un omaggio alla mia napoletanità.

Deduco che il rapporto con Marco va oltre quello artistico.

Si perchè quando io mi sono trasferito per lavoro da Bari a Lanciano avevo iniziato a fare  distribuzione tramite mail order e, grazie ad internet lui ha scoperto che a Lanciano, notoriamente poco incline a certe sonorità musicali che non siano la musica classica, il jazz/blues, esisteva invece qualcuno che promuoveva musica “alternativa”. Ci siamo conosciuti e all’inizio sono stato il loro live manager.

Anche lui aveva questa idea dell’etichetta e così siamo partiti insieme: Dischi del Minollo per quanto mi riguarda e Deambula records per quanto riguarda Marco. Si tratta di due realtà distinte che per certi aspetti viaggiano su strade parallele che a volte si incrociano quando capita di coprodurre nomi più importanti come nel caso dei Magpie che richiedono maggiori “investimenti”.

Quando ricevi un demo cd da parte di un gruppo che vuole essere prodotto, cosa fa scattare in te la scintilla, cioè cosa ti fa decidere di produrre un gruppo musicale? Sicuramente riceverai tante proposte.

Tantissime di cui molte vengono scartate a priori perchè, pur non essendo la mia un’etichetta di genere, si capisce sentendo le nostre produzioni quale possa essere la scelta artistica, mentre spesso ricevo demo che propongono cose diverse.

Fatta questa prima scrematura …

C’è una valutazione della vendibilità di un progetto?

Purtroppo no (ridiamo). La scelta è fatta in base ai miei gusti a prescindere dalla vendibilità. Anzi ci sono stati dei veri e propri casi di suicidi commerciali nelle mie produzioni (ridiamo ancora) ma il discorso è che io non vivendo di questo posso, entro certi limiti, permettermelo, anzi è proprio questo il bello, se un gruppo in qualche modo non mi rappresenta non scelgo di produrlo solo perché magari mi darebbe più visibilità.

effetti collaterali

Mi spieghi in che consiste esattamente il tuo lavoro?

Dipende. Se hai la possibilità di contrattualizzare un artista di spessore c’è un investimento maggiore che comunque non riguarda la realizzazione del cd. L’artista viene da me già con il master definitivo e la mia attività riguarda la scelta grafica, la realizzazione del cd, promozione, anche con l’aiuto di Daniela, poi c’è l’attività di promozione live quindi l’attività di booking dei gruppi che produco.

Quale considerazione c’è in Italia per i gruppi e per la musica dal vivo?

In Italia non c’è, da parte dei gestori di clubs, locali o eventi live una grande considerazione per l’artista. Mi è capitato più volte di organizzare tours all’estero per i miei gruppi e ho potuto constatare che anche in paesi come Lituania o la Slovenia c’è una particolare attenzione per l’accoglienza dell’artista che invece in Italia è trattato come una sorta di appestato ed a volte anche riuscire a spuntare un vitto e alloggio dignitoso è una grande impresa. E’ come se l’artista non fosse una persona normale.

Forse è meglio che stendiamo un velo pietoso su Lanciano perché…

No no, io direi di parlarne anche perché la domanda l’avevo riservata per il finale quindi è meglio togliersi subito il sasso dalla scarpa.

Bene diciamo che in Abruzzo, ad esclusione di Pescara, e salvo rare eccezioni, non è possibile proporre musica “alternativa” di qualità.

Per quanto riguarda Pescara credo che la presenza dell’università cioè anche di un particolare bacino di utenza favorisca la cosa …

Non direi che dipende solo da questo visto che anche a L’Aquila c’è l’università ma,  terremoto a parte, non c’è mai stata un’offerta musicale..

Si ma voglio dire che a Lanciano in effetti non c’è un’utenza anche se spero di essere prontamente smentito  da centinaia di mails di lancianesi che vorranno contattarmi.

A Pescara alcune realtà sono gestite solo da determinate agenzie quindi anche li è difficile entrare.

Poi c’è anche da dire che la politica culturale lancianese è indirizzata ad una fascia di età molto alta, diciamo over ’70 e questo riguarda ogni tipo di iniziativa. Secondo me non esistono iniziative per i giovani che possano chiamarsi cultura cioè si confonde l’intrattenimento con la cultura, anche alle feste di settembre, diciamo che l’incapacità  riguarda sia l’ignoranza della materia e sia il fatto di non essere in grado di capire l’importanza del discorso cioè l’impatto potenziale sulle coscienze.

Quando sono arrivato a Lanciano l’ho trovata davvero una bella cittadina, un comune grande, che anche come turismo, ha grosse capacità rispetto a comuni che con molto meno fanno molto di più. Forse chi ci governa non ha avuto modo di fare grosse esperienze di realtà analoghe e quindi non ha i mezzi per fare una valutazione e capire che Lanciano ha le potenzialità per proporre qualcosa che si possa chiamare cultura.

Ad esempio a Conversano, centro in provincia di Bari, si svolge in estate un festival di musica popolare in cui vengono ospitati artisti italiani che non si limitano a riproporre in modo sterile i brani famosi della musica popolare ma bensì portano avanti un discorso di ricerca delle sonorità e dei temi tipici della musica popolare cercando di innovare e contaminare tirando fuori dei risultati assolutamente interessanti grazie a pazienti ricerche etnomusicologiche. Questo tipo di spettacolo accontenta sia l’anziano sia il giovane o l’addetto ai lavori. Probabilmente se questo si facesse a Lanciano avrebbe invece lo stile di un festival di musica folkloristica in cui l’importante sarebbe il costume dei musicisti e il fatto che abbiano la du botte in mano.

Comunque volevo lanciare un’idea su 66034. Visto che politici e gestori latitano propongo gli House concerts. Si tratta di una realtà ormai collaudata in America (manco a dirlo) e che da qualche anno, anche in Italia sta cominciando a prendere piede. In sintesi la filosofia è : “Voi non ci date la musica e i concerti che vogliamo? Allora noi ce li organizziamo da soli”. Si tratta di piccoli concerti fatti presso case di privati con set acustici di solito o comunque con situazioni non troppo difficili da gestire tecnicamente.

the Marigold

La cosa mi sembra molto interessante quindi propongo di dedicare agli House concerts un articolo a parte su 66034. Andiamo avanti con l’intervista. Daniela vuoi parlarmi del tuo lavoro? In generale il rapporto con i media e con l’establishment musicale è difficile?

Diciamo che ci sono emittenti che si occupano di musica alternativa e li non è molto difficile proporsi se produci musica di qualità, mentre per le emittenti più grandi il discorso si fa più complicato.

Sono prevenute verso produzioni alternative?

Non è un fatto di essere prevenuti, il problema è sempre lo stesso, il tempo a disposizione. Per farti un esempio nel 1992 io ero alle prime esperienze come produttore, erano i tempi in cui cominciava a uscire il CD piuttosto che l’LP o la cassetta ebbene i gruppi che si presentavano ad una radio o un’agenzia con un LP o un CD avevano la strada spianata rispetto a chi si presentava con la cassetta. Era la certezza che dietro c’era una certa produzione e competenza.

Nel 2001, quando ho iniziato l’attività di booking, il fatto che il gruppo fosse presentato al locale da un’agenzia, dava una certa immagine e credibilità e quindi certe garanzia al gestore.

Oggi invece tutti possono prodursi un cd e tutti si propongono tramite social networks.

I locali o i media ricevono così una marea di proposte  quindi se non c’è dall’altro lato la volontà e il tempo di approfondire certi dettagli ecco che artisti di spessore come Unòrsominòre (altra produzione interessantissima de “I dischi del Minollo”) da quindici anni sulla breccia, vengono considerati allo stesso livello di un qualsiasi gruppo emergente. E’diventata una giungla dove per emergere oltre che al talento, alla volontà e all’impegno c’è veramente bisogno di molto culo…

…e qualche conoscenza non guasta. In effetti anche l’esperienza del MEI (Meeting delle etichette indipendenti) per quanto utile se non altro per allacciare conoscenze e contatti ci ha dato la conferma che è un mondo difficile in cui solo perché ti proponi spesso ricevi delle controrichieste a volte anche valutabili ma a volte veramente inaccettabili.

Magpie

Francesco, cosa fa scattare in te l’interesse a produrre un gruppo?

Dipende, nel caso dei Malazeta, la mia prossima produzione, mi piacciono i temi che affrontano. Parlano della manipolazione della comunicazione e dei media, quindi nel loro caso è stata una condivisione dei temi trattati.

Ma è quello che mi trasmette l’ascolto in generale che è importante, i brividi, la capacità di  scatenare certe sensazioni.

Consigli per i gruppi emergenti?

Lasciate ogni speranza voi che entrate (ridiamo), voglio dire che è in mondo difficilissimo quindi è bene trovarsi comunque qualcosa di cui campare e poi coltivare la propria passione musicale e proporsi ma è praticamente impossibile riuscire a campare di questo o peggio sperare di trovare stabilità futura.

Unòrsominòre

Progetti per il 2010?

Dopo le belle soddisfazioni di produrre gruppi del calibro di Magpie, The Marigold e Unòrsominòre torno all’attività di scouting e per ora di sicuro partirò a settembre con la produzione dei Malazeta, poi vedremo anzi colgo l’occasione per invitare anche i gruppi di Lanciano e dintorni ad inviarmi il loro materiale .. chi sa magari può nascere qualcosa.

Per info: www.myspace.com/minollorecords

Un saluto a tutti  dal Bue .. Ciao

Greenhouse Effect

Coming next: visti del vivo, concerto del 17 febbraio dei bostoniani Glorytellers al Mono di Pescara … una piccola delusione

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Un Commento a “Intervista a Francesco Strino de “I dischi del Minollo””

  1. gunclubmanagement Scrive:

    Grande Francesco,un saluto

    GCM Staff