Il peso
lunedì, 27 Dicembre 2010 by Anna1988Come ultimo scritto dell’anno 2010, vorrei lasciare un racconto scritto mesi fa per un blog e pubblicato. Con l’augurio che il nuovo anno che sta per iniziare vi conduca a ciò che state cercando, vi liberi dalle catene del passato per lasciarvi liberi di essere voi stessi e vi renda felici.( “Era quello che volevi?”) BUON 2011!
Schiacciata e rannicchiata sotto il peso del suo corpo, stupidamente consolata dal respiro e dai suoi capelli, non sentiva il dolore del suo peso nelle gambe e sulla schiena ma segretamente già stava odiando il momento in cui lui si sarebbe spostato e, per evitarlo , lei gli avrebbe volentieri sussurrato “ Rimani, così”.Sembravano un dipinto di straordinaria attualità, due solitudini che si erano incrociate in un posto qualche secolo prima e che si stavano ritrovando dopo essersi perse. Un pittore l’avrebbe descritta così, quella scena impietosa. Una scena comune, senza dignità, pudore e un minimo di sentimento. Il cuore di lei però batteva forte nel sentire che quell’uomo non le pesava più di quanto le pesassero le parole che martellavano nella sua testa. Sorrideva. Cosa c’era da sorridere, in tutta quella pena?Scontava la sua dannazione stando lì con lui per imparare la lezione. Quella dannazione lei la scontava standosene lì, rannicchiata, in un angolo, a frugare nelle frasi da repertorio quella da dire per non fargli capire di esserci rimasta quasi male. Ognuno sconta la sua condanna e rimane a compiacersi della propria sofferenza. Lei era destinata ad essere schiava dei suoi stessi sentimenti, della sua capacità di capirli senza però riuscire mai a spiegarli. Condannata a capire e per questo, a girare intorno a vuoto in un folle girotondo che seguendo una sua logica perversa la riportava sempre nello stesso luogo. Lì. Quando lo capì, un pomeriggio di giorni prima, ricominciò a mangiarsi le unghie, il segno inequivocabile del nervosismo che imperava nella sua anima. Scese a compromesso quella sera e per molte altre continuò a farlo, sentendosi sempre più in alto. Loro due insieme quella notte potevano essere un’opera d’arte simile al Bacio dipinto da Klimt, dal sapore amaramente volgare.Proprio in quel momento, mentre lui scivolava lentamente via, si sentì davvero e rimase ad ascoltarsi. La lunga notte invernale che trascorreva contorta tra quel sudore provocato da un nervosismo instabile e le dita di due sconosciuti che finivano per sfiorarsi ma non aversi mai, in realtà non aveva molto senso. Se avesse avuto tutta quell’accortezza nel gestire i movimenti anche nel momento in cui lui avrebbe deciso di andarsene senza darle possibilità di appellarsi neanche al più nobile dei sentimenti, è probabile che non sarebbe arrivata al punto di doversi chiedere se, in effetti ,quelle mani fossero reali e la stessero sfiorando davvero piuttosto che convincersi che era solo una parentesi di materialità indotta dalla sua coscienza.
Non seppe mai saperlo davvero e forse fu meglio così.