Il mio ricordo di un’estate

domenica, 19 Maggio 2013 by

Me ne stavo seduto davanti alla finestra della cucina a fissare il mare oltre i vetri, come se stessi scrutando un qualche accadimento che si svolgeva tra i flutti, e di fatto, mentre osservavo le onde precipitarsi sugli scogli e sparire l’una dentro l’altra, seguivo una storia, tra i tanti ricordi della mia vita. Tenevo un quotidiano sulle ginocchia – fatto già insolito, non essendo mia abitudine leggere quotidiani, non per indifferenza verso quanto accade nel mondo, ma perché i fatti importanti, quelli che riguardano da vicino le mie giornate, il mio lavoro, di sicuro difficilmente li trovo tra le pagine di un giornale, piuttosto li conosco grazie ai racconti di chi condivide la mia passione per il mare -, e le mani appoggiate sul quotidiano, mia moglie alle mie spalle preparava la nostra colazione con le sue dita gentili, segnate dal passare del tempo. Io indugiavo nel mio angolo, ripetendomi in testa un nome letto sul giornale. Conoscevo quel nome, era uno dei ragazzi che nell’estate della nostra adolescenza si era imbarcato con me sullo Spray, un viaggio organizzato dalla scuola, una specie di campeggio estivo tra le onde durante il quale imparare a conoscere il mare, i suoi segreti e l’arte della navigazione, noi che vivevamo in un piccolo borgo sul mare che offriva ben poche possibilità. Andare a studiare lontano da casa, diventare marinaio, lavorare come pescatore.
Pochi giorni prima che si chiudesse la scuola, la mia prima storia d’amore era giunta imprevedibilmente a conclusione per volere della mia prima fidanzata. Avevamo iniziato a frequentarci all’inizio dell’inverno, e giunta la fine della primavera lei mi aveva annunciato che sarebbe partita per andare in vacanza presso una sua zia lontana, aveva riempito i suoi bagagli delle nostre promesse leggere e dei miei interrogativi a cui replicava puntualmente in modo vago e frettoloso, e mi aveva lasciato lì, a cercarmi un modo per riprendermi da quella bastonata. L’avrei rivista poche volte, incrociata come un tipo particolare di estraneo insolitamente informato sui fatti miei.
I giorni che avremmo passato sul mare erano per me una specie di uscita di emergenza, un modo per allontanarmi da tutti quegli angoli che mi facevano tornare in mente qualche capitolo della nostra storia, andavo a letto con la speranza di ricevere, l’indomani, sue notizie, e quando le mie speranze si frantumavano contro il suo silenzio, mi trascinavo per il resto della giornata sotto il peso di ogni singolo minuto.
Una mattina apparentemente come un’altra, a scuola ci dissero della possibilità, per chi fosse stato davvero interessato, di imbarcarsi su un veliero per partecipare a un breve corso di navigazione, e io mi scrollai di dosso con un colpo secco di spalle ogni tentennamento, come un gesto apotropaico per scongiurare ripensamenti. Firmai la mia adesione e aspettai la partenza.
Eravamo una quindicina di ragazzi, sulla nave c’erano il capitano e la sua famiglia ad aiutarlo. Aveva una figlia all’incirca della mia età, in un altro momento avrei considerato l’idea di corteggiarla, ma quel viaggio aveva come scopo principale quello di tenere tranquillo il mio cuore, almeno in merito alle donne, e di impegnarmi a distrarmi appresso alle tante cose da fare e da imparare.
La prima persona che conobbi fu un ragazzo di nome Ellis, si era imbarcato nel tentativo di riprendersi dalla scomparsa di suo fratello maggiore. Quando gli dissi di aver capito chi fosse suo fratello, sgranò gli occhi e mi chiese se eravamo amici, io gli spiegai che lo conoscevo solo di vista e mentre parlavo notai come era cambiata la sua espressione, divenuta mista di imbarazzo e delusione malcelati dietro un sorriso gentile. Era come se avesse sperato di colmare attraverso i miei racconti il vuoto lasciato da suo fratello, di recuperare altri ricordi di lui, andato via troppo presto, nei ricordi degli altri. Un modo come un altro per regalarsi qualche altro giorno di vita vissuta con suo fratello maggiore. Ma purtroppo io non avevo potuto essergli di aiuto.
Strinsi amicizia più o meno con tutti, ma dalla prima stretta di mano Ellis mi era sembrato un amico di vecchia data semplicemente ritrovato lì per caso. Nel tempo libero parlavamo tanto, ridevamo tanto, e anche se la notte facevamo entrambi i conti con un’assenza che rispettivamente ci pesava sull’anima e che ci teneva svegli, a un certo punto la stanchezza aveva la meglio e al mattino il dolore era di nuovo acquietato in fondo all’anima.
A volte parlavamo fino a notte fonda, fino a quando le parole diventavano bisbigli biascicati che il giorno dopo nemmeno avremmo ricordato. L’odore del mare, del sale e del sole addosso mi avrebbero sempre riportato a quei giorni sullo Spray.
A Ellis piaceva la figlia del capitano. Io, qualche inverno dopo quel viaggio, avrei incontrato la donna della mia vita, quella con cui sarei diventato vecchio, in una coetanea dagli occhi pieni di curiosità che come me andava a cercare il suo angolo di quiete seduta a pochi metri dalle onde.
Il capitano dello Spray aveva l’aria del lupo di mare, quando era a riposo leggeva ogni genere di lettura dedicata al mare e alla navigazione, e da uno dei suoi libri, dall’opera del capitano Slocum, aveva tratto il nome per il suo veliero. Un giorno ci disse di non vivere mai come fossimo isole, che un uomo deve essere come un’onda del mare, appassionato, curioso, a volte difficile, a volte quieto come il mare nelle prime ore di un mattino d’estate, a seconda delle persone che avremmo incontrato, dei loro e dei nostri sentimenti reciproci. Ci disse di non aver paura di arrivare a toccare quante più coste, lidi, scogli spigolosi possibile, di non aver paura di conoscere luoghi nuovi, mescolarci con altre onde, adagiarci su una spiaggia ad ascoltare storie di uomini e di donne e lasciare il segno del nostro passaggio anche sulle pietra dura. Le sue parole erano per noi una scoperta, ogni lezione, ogni dettaglio riguardante le imbarcazioni, ogni angolo del mare, e noi accoglievamo ogni esperienza con occhi nuovi, sgombri, come se il tempo che trascorrevamo sullo Spray fosse un dono.
Quella mattina tenevo il giornale sulla gambe e le mani posate sul giornale, e quando mia moglie mi scorse tirare su col naso, mi chiese a cosa stessi pensando, come mai non fossi già in spiaggia pronto a dedicarmi a una delle tante cose da fare.
”Le amicizie che stringi quando sei un ragazzo non le stringerai mai più”, le risposi, “perché non stringi amicizia solo perché cerchi un amico, ma soprattutto perché vuoi esserlo tu stesso, vuoi che qualcuno che senti essere la persona giusta sappia che può contare su di te, che tu sei suo amico. E pensi che i valori abbiano davvero un senso, una consistenza, e che sarai tanto più un uomo quanto più riuscirai a mantenerti saldo in quei valori.
Qualche estate prima che io e te ci conoscessimo ho stretto una delle amicizie più importanti e indimenticabili che abbia mai avuto. Purtroppo il tempo, la distanza, le scelte diverse e la necessità di dedicare tanto tempo al lavoro ci hanno allontanati. Oggi ho comprato questo giornale, per caso, e c’è il suo nome.”
Lei sgranò gli occhi, sorpresa per lo strano volere del destino e per paura che il nome di Ellis fosse tra quelli di chi non c’è più.
”Ha scritto un libro”, continuai, con la voce che usciva tremante per tutte le emozioni che venivano a galla con essa, “Si intitola Il mio viaggio tra le onde. Racconta l’esperienza sullo Spray, che ora è la sua imbarcazione. Ha sposato la figlia del capitano….”. Sorrisi, con gli occhi umidi per l’emozione. “Alla fine c’è scritto che spera di cuore che alla presentazione ci siano i compagni di quell’avventura, in particolare…. Ecco, c’è il mio nome, spera di potermi rincontrare.
Sembra non essere passato un giorno.”
Lei mi sorrise dolcemente. Mi alzai, le strinsi un braccio attorno alle spalle e l’accompagnai verso il tavolo che aveva approntato per la nostra colazione. “Vieni, ti racconto la storia di un gruppo di ragazzi che tanti anni fa condivise un’esperienza che ciascuno di noi avrebbe portato dentro per tutta la vita.”
Mi sorrise nuovamente con i suoi occhi curiosi. Amava ascoltare i miei racconti.

”….Ma anche se la corrente è contraria, che importa? E se è in nostro favore, dove siamo portati da qui, e a quale scopo? I nostri piani per l’intero viaggio sono così irrilevanti che poco importa, forse, dove andiamo, perché la grazia del giorno rimane la stessa! Non è forse per questa consapevolezza che il vecchio marinaio è contento, fosse pure in mezzo alla burrasca, e pieno di speranza anche aggrappato a una tavola in mezzo all’oceano? Certo è per questo! Poiché la spirituale bellezza del mare, facendo sua l’anima dell’uomo, non tollera infedeli sulla sua vastità sconfinata.”
Joshua Slocum – Solo, intorno al mondo. Ed. Mursia.



Scritto per l’edizione 2013 di (CON)FUSIONI, questo racconto, che può apparire incompleto perché manca la parte dedicata alla storia dell’amicizia tra il protagonista ed Ellis nata durante il viaggio sullo Spray, prende ispirazione da due racconti contenuti nella raccolta “Stagioni diverse” di S. King, ovvero “Il corpo”, a cui nella trasposizione cinematografica fu dato il titolo “Stand by me – Ricordo di un’estate”, e “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank”, a cui nella trasposizione cinematografica fu dato il titolo “Le ali della libertà”. Da cui è presa la citazione a seguire.

”….Ma alcuni uccelli non sono fatti per la gabbia, questa è la verità. Sono nati liberi e liberi devono essere. E quando volano via ti si riempie il cuore di gioia perché sai che nessuno avrebbe dovuto rinchiuderli. Anche se il posto in cui vivi diventa all’improvviso grigio e vuoto senza di loro. Il fatto è che il mio amico mi mancava.”
Ellis Boyd “Red” Redding – Le ali della libertà.

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