….Come la vita. Condivisioni di strada/viaggio/storia.
La notte ha un suo tempo, non saprei misurarlo in minuti, nel silenzio di una stanza a scandirlo sono i pensieri, i respiri. C’è un’atmosfera intima, la notte ha l’aria complice, comprensiva di un amico che invoglia a parlare di sé.
In cerca di un’ispirazione, guardo i vasi delle gerbere sul davanzale, freddo come la storia legata a quell’immagine, e sfoglio le pagine di un quaderno scorrendo vecchie pagine di me. Confusa su una storia da scrivere e un’altra da riscrivere. Mi sento tranquilla, stato d’animo che rende meno semplice dare forma concreta al mio intento. La felicità è una condizione strettamente personale, i suoi dettagli hanno parole che, per lo più sommesse, a volte gridate, comprende soprattutto chi ne fa parte. La tristezza ha tempi lunghi nei quali immergersi, fermarsi a cercare una voce per spiegare, rintracciare ogni sfumatura dolorosa per liberarsene. Ha in sé il desiderio di essere condivisa con chiunque abbia memoria del dolore.
Cerco spunto per Confusioni nell’immagine di qualche giorno fa, déjà-vu di un punto di vista raccontato in un vecchio blog. Stesso semaforo, e io ferma sotto la luce rossa, mentre da un angolo della mia visuale vedo viaggiatori scivolare lungo la strada, come inseguendo la luce dei fanali, altri mi passano accanto e svaniscono dietro un ciuffo di capelli. Nella situazione di statica osservatrice, aspetto il via libera. Nel recente déjà-vu non provo l’impressione metaforica di qualche tempo addietro, mi riconosco in una memoria distante fatta di pochi colori, ma questa volta so di avere una mia curva da accogliere e voler scoprire dopo la ripartenza dei mesi invernali. Un inverno freddo e bianco come una pagina spoglia diventato inaspettatamente un riparo accogliente. Quattro pareti dai colori caldi della mia crescita. La presa di coscienza del valore personale. La pretesa del rispetto dato e meritato. La migliore sconfitta che potesse capitarmi. Potevo raccontare anche questa storia ai confusi e ai non confusi. Uno sguardo su di me, come scrutarsi nello specchio da oltre le proprie spalle. La storia di una prevedibile caduta, e la banale, difficile meta del rispetto di sé.
Mi immagino intenta a guardarmi ai tavoli di un bar dove ho maturato la fiera consapevolezza di poter stare in piedi da sola. La sensazione di saper sopravvivere al bisogno degli altri. Nessun desiderio di elemosinare affetto, semplicemente la ricerca senza possibilità di previsioni del mio angolo opposto e complementare. Quel luogo dell’Universo che diventa la propria casa, che ha i lineamenti di una persona qualunque che diventa qualcuno.
Fuori dall’ombra della sconfitta, un’ombra troppo lunga per il suo reale peso, riprendono spazio quegli aspetti personali lasciati in silenzio, così inadeguati quando si riflettono nello sguardo sbagliato. La dedizione reciproca, le passioni personali, fogli ancora bianchi e inchiostro nero carico di sfumature, fotografie che, belle o meno, valgono per il ricordo che portano dentro, la voglia di ritrovare i profumi della cucina, come quello intenso e antico del cioccolato fondente, il suo sapore a volte amaro a volte dolce, come la vita.
Con la solita musica nelle orecchie, gli occhi su una manciata di fogli sparsi di parole, avvolta nella quiete notturna, condivido la sensazione di sapere cosa raccontare, sabato. Il suono dei tasti del cellulare, pur sapendo che il destinatario già dorme, il rumore fermo della sedia alzandomi, la luce soffusa, fuori e dentro il profumo delle prime ore del mattino, nella memoria ha il sapore dei viaggi, delle partenze e delle ripartenze alla ricerca della propria strada/viaggio/storia.
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Per (Con)Fusioni 2012. La trasposizione su carta del pensiero di incompiuto, il progetto notturno di una scrittura che non prende forma compiuta e viene condivisa prima della scelta definitiva e definita di una singola pagina da raccontare.