Nel tempo lasciamo cose sospese a metà,senza naturali conclusioni e lezioni da imparare. Giochiamo a scambiare i tasselli di una composizione che non ci appartiene e lasciamo che il caso decida cosa è meglio per noi. Questo breve ed approssimativo pezzo è dedicato ad un nuovo amico, semplicemente perchè mi ha fatto riflettere sulla complessità di pensieri banali, troppo difficili da metabolizzare.
Greta rimane seduta nella camera senza mobili esposta ad est. Il vento smuove delicato la tenda, il sole si siede sul davanzale. Greta. La testa è inclinata , la sedia dondola, i pensieri oscillano, la bocca si schiude lenta, gli occhi ammiccano, le mani si appoggiano ai fianchi, la schiena è percorsa da un brivido. Precisa e ostinata, respira il ricordo del tempo rimasto sospeso e ascolta l’odore delle parole di un autunno frettoloso. Partiva, tornava, lasciava cadere valigie piene di abiti scomodi e stanchi su un pavimento di domande che lui non faceva. ” E’ passato” e il tempo passa sui suoi piccoli piedi. Inizia a canticchiare qualcosa e le sue mani le sfiorano i fianchi. Lui continua a schiarirsi la voce e lei sorride meschina, lo guarda, le piace e non parla. Lui e la sua chitarra, quattro birre, una notte. ” Perchè sei rimasta una sera, dannata?” Il tempo le sfibra i capelli ed esaspera le espressioni di un viso del quale non rimane più niente di dolce. Partire, tornare, lasciare lamenti e rimpianti in scatoloni ammassati in un’ umida cantina. La polvere deposita i suoi cattivi figli sulla superficie e pian piano penetra da una fessura rimasta inavvertitamente aperta. Greta si accorge del danno ma la polvere violenta la sua memoria e lei immobile si abbandona all’ impalpabile declino dei suoi alibi. Rimane distesa nel limbo a percorrere spazi. Senza speranze, senza promesse, senza le attese.