Con quella fretta di farsi del male
martedì, 31 Agosto 2010 by Anna1988Sorrideva tra sè e sè e non lo guardava,restava immobile nella sua convinzione che sarebbe bastato uno sguardo per impazzire. Così mentre lui prendeva il caffè e provava a non sperarci neanche un po’ in una sua confessione,era lì con l’orecchio teso ” Dovesse mai succedere che finalmente parli”. Intanto in bagno si consumava una tragedia dell’abitudine : lei non riusciva più a trovare tra tutte quelle cose sul ripiano, il rimmel. Come similitudine di una falsità e di un’ipocrisia,il ricoprirsi di cosmetici per alienarsi da sè stessi almeno per un po’ è un rituale di tutte le mattine. Così si spera di cancellare oltre alle imperfezioni della pelle anche quelle dell’anima e del cuore,sperando che nessuno le noti. Eppure quelle,ce le portiamo in spalla come macigni dal primo giorno in cui prendiamo coscienza di quello che amiamo e che ci fa soffrire. Solo un sorriso,ancora più falso del rimmel, ci può aiutare a mascherare una giornata triste.Quel giorno era nato così,con lo sguardo della tristezza nei suoi occhi ed avere lui con lei nel letto non calmava quella pena. In effetti lui era lì,fisicamente era lì. Ma non era come se lo ricordava. O come lo immaginava. O come lo aveva voluto. Pensava ad un cielo diverso e ad emozioni inebrianti ” Se solo riuscissi a mandarlo via” . Uscì sul balcone, nella città era una normalissima giornata di frenesia. Accese una sigaretta e immaginò nella sua testa ,inspirando, la parola “Libertà”. Lui restava seduto in cucina,con la tazzina di caffè in mano. Avvicinò il naso per bere e immaginò nella sua testa,inspirando, la parola ” Spiegami”. Poi mangiò una brioche e si diresse nella stanza da letto per vestirsi. Sulla sedia erano disposti alla rinfusa tutta una serie vestiti, dismessi alla svelta e lasciati lì ad osservare i momenti d’intimità di questa coppia consumata dalla fretta. La fretta di farsi del male, di amarsi tutto di un fiato e di sentirsi un po’ dèi,adorati e adoranti. Lei rientrò dal balcone e lo vide seduto,di schiena. Si sedette così dal lato opposto del letto. Giocherellava con il bracciale che lui le aveva regalato per il decimo anniversario e non si dava pace. Cambiava la vita,il tempo e la stagione,cambiavano loro e non lo sapevano. E non sapevano più parlare e ridere di niente. E non sapevano dirselo con onestà. Lei gli avrebbe gridato “Vai via”, lui le avrebbe gridato ” Io non ti capisco”. Si vestirono entrambi con calma, lui si chiuse in bagno per dieci minuti,poi uscì e infilandosi le scarpe, chiese dove fossero le chiavi dell’auto. Lei dal bagno rispose distratta,poi finì di truccarsi e indossò del profumo. Sentì dei passi arrivare e lui si affacciò per vederla. Lui sorrise. Lei guardò altrove facendo finta di sistemare i capelli. “Ciao,io vado” e lui chiuse il portone. Così rimane una donna a fissarsi in uno specchio,a pensare che è tardi – ” é ora che io vada”-