C’è una casa,nel bosco…

giovedì, 28 Gennaio 2010 by

sottobosco...

 

 

Presi la macchinetta  fotografica e mi avviai verso il sottobosco. Non era una giornata particolarmente calda ma c’era uno strano tepore che mi dava tranquillità. Per molto tempo avevo sentito parlare di quella casa nel bosco, dove da bambina aveva vissuto una vecchia zia di mio padre. Più che un luogo mi sembrava un’idea, un sogno, qualcosa di intangibile, qualcosa di vivo solo nei ricordi.

Camminai per una buona mezzora tra quegli alberi e quelle foglie. Mi sentivo come persa in un abbraccio e ogni cosa era così limpida e naturale da togliere il fiato. Era quel profumo che c’era che mi dava alla testa, qualcosa di unico nel suo genere, qualcosa che una descrizione verbale non saprebbe rendere,neanche con le metafore più ardite. Mi soffermai più volte sul ciglio del sentiero, osservando tutto ciò che avevo intorno, dalle foglie secche sparse sul percorso alle tele di ragno costruite come opere d’arte tra un tronco e l’altro. La vista di tutti quei  colori , fidatevi, è estenuante per un occhio non più abituato a perdersi nei dettagli ma a guardare sbrigativamente. Forse non basterebbe una vita per ricominciare ad avere quello sguardo indagatore su ogni cosa.

Superato un piccolo ruscello,mi ritrovai in una zona del bosco molto più fitta. Dovevo scansare quasi i rami che mi ostruivano il passaggio e il sentiero si fece meno definito e più arduo. Fu allora che la vidi,stagliarsi davanti a me,bella come non l’avevo mai immaginata. “Eccola!” pensai. Eppure,nell’aprire l’obiettivo della mia digitale,mi sentii un attimo in colpa. Potevo violare così quel posto?

Le mura ormai rimaste in piedi erano  4, quasi completamente ricoperte da edera, ma quel posto sembrava così vivo! Più vivo di quanto ci si sarebbe potuti attendere ed era lì ad aspettare che io lo vivessi. Entrai quasi con timore nella prima delle 4 stanze, che probabilmente era una cucina poiché c’era un’apertura sulla parete somigliante a un vecchio forno a muro. Chiusi gli occhi e immaginai le voci delle bambine e di una madre che prepara il pranzo. Delle vite molto umili, quando ancora non si conosceva altro che ciò che si aveva intorno. Nelle altre 3 stanze non c’era molto, si intuiva poco, ma anch’esse erano mura che avevano avuto occhi.

Scattai quante più foto potei ,fino a che la batteria non fu completamente scarica. Poi mi sentii anch’io scarica e piansi per un po’,di fronte a tutto ciò che un tempo era stato e che ora non era più se non nei ricordi di una vecchia donna.

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